Piccola storia organaria lucchese
 

La presenza di un organo nella Cattedrale di Lucca e in altre chiese della città è documentata fin dal Trecento ma le fonti finora note non danno purtroppo informazioni dettagliate su questi strumenti.

Maggiori notizie si hanno, insieme ad interessanti dettagli tecnici, sulla sfortunata attività a Lucca di Matteo da Prato, un importante organaro attivo alla metà del quattrocento che stipulò con l'Opera di Santa Croce un contratto per la costruzione di un organo in S.Martino.
La costruzione si protrasse per quasi un quarantennio ed una volta finito, l'organo venne respinto dai committenti per avere "voces crudas, tremolantes e stridentes".

Domenico di Lorenzo

Ma è con la figura dell'organaro lucchese Domenico di Lorenzo (1452-1523) che la città lega indissolubilmente il suo nome ad uno dei capitoli più importanti della storia dell'organo.

È in questo periodo che in Italia nasce e si perfeziona il meccanismo dei registri che sarà poi adottato universalmente e consentirà il passaggio dal Blockwerk medievale (strumento in cui le file di canne non possono venire divise tra loro) all'organo come oggi lo conosciamo.

Non sappiamo se Domenico di Lorenzo abbia apportato innovazioni di rilievo per quanto riguarda il meccanismo dei registri, è però fuor di dubbio che fu l'organaro più importante e rappresentativo di questo periodo.

Le prime opere note di Domenico di Lorenzo, all'epoca non ancora trentenne, sono i due organi per la Basilica del Santo a Padova e l'organo della cattedrale di S.Martino a Lucca costruiti attorno al 1480.

Dopo aver costruito numerosi altri strumenti per le chiese di Lucca, Padova e per il Duomo di Pisa, Domenico di Lorenzo raggiunge l'apice della sua carriera con la costruzione di un organo per la Basilica di S.Pietro a Roma (1495) che fu poi preso a modello da molti costruttori.
In seguito lo troviamo attivo a Milano, Lodi, al Duomo di Siena, a Firenze e Genova.

Se anche Domenico di Lorenzo fu grandemente stimato in vita, è comunque straordinaria la persistenza della sua fama molto tempo dopo la sua morte, una persistenza tenace ampiamente documentata da autorevoli testimonianze.

A parte la stima di cui fu oggetto l'organo di S.Pietro a Roma lungo l'arco di più secoli, val la pena di ricordare quanto scrive lo storico pisano Raffaello Roncioni sull'organo del duomo di Pisa intorno al 1590, vale a dire circa un secolo dopo la sua costruzione: "l'organo di questa chiesa è di tal maniera, che non ha simile in tutta Europa; e le sue canne e tutti i suoi registri non pare che suonino ma che veramente favellino".

L'organo del Duomo di Pisa andò poi distrutto nell'incendio del 1595 e tutte le relazioni sull'accaduto non mancano di sottolineare l'eccezionale valore di questo strumento, "che in Italia e fuori non era un paro di organi come erano quelli".

Non minore era tuttavia la fama dell'organo costruito dal maestro lucchese per la Cattedrale di S.Martino a Lucca: questo strumento figura nel 1609 tra gli organi "cellebri à gli tempi moderni" secondo quanto asserisce Adriano Banchieri nelle sue Conclusioni nel suono dell'organo.

Nel settecento il cantante lucchese Giovanni Battista Andreoni, che una brillante carriera aveva portato a esibirsi in tutta Italia e in molte capitali europee, testimonia in un suo scritto che la fama dell'organo di S.Martino "simile al quale non se ne trova uno in Italia" è ancora ben lontana dall'essere tramontata.

Rispettato con cura dai restauri ed ampliamenti del Settecento e dell'Ottocento, l'organo di Domenico di Lorenzo viene segnalato per la sua qualità anche da Marco Enrico Bossi, in una relazione al Ministero della Pubblica Istruzione redatta nel 1919, poichè "vanta registri di Principali, di Ripieno, di Flauti ed un Cornetto assolutamente di prim'ordine".

Ricercare ed assodare la paternità di essi" continua la relazione "è compito difficile e forse superfluo. Ciò che importa è la constatazione del loro pregio e della buona conservazione. Ed io ho la viva compiacenza di affermare l'una e l'altra cosa con persuasione piena e sicura".
Marco Enrico Bossi conclude auspicando che un "limitato ma sapiente restauro ... salvi dal dissolvimento un insigne prodotto artistico".

Tale restauro non giunse mai e l'organo di Domenico di Lorenzo, l'unico strumento di grandi dimensioni del quattrocento italiano giunto fino a noi oltre a quello di S.Petronio a Bologna, venne smontato per far posto a un nuovo strumento di fattura industriale nel 1958.

A prescindere dai danni subiti in questo smontaggio, il prezioso materiale fonico di questo strumento è fortunatamente integro e in discrete condizioni di conservazione e si trova attualmente nei locali soprastanti il portico della Cattedrale.

L'eccezionale qualità delle canne di Domenico di Lorenzo conferma la fondatezza della fama che ha accompagnato i suoi strumenti nei secoli.


Il Cinquecento

Nel periodo che intercorre tra la morte di Domenico di Lorenzo e i primi anni del Seicento si assiste ad un periodo di stasi nei quali non resta traccia dell'attività di alcun organaro lucchese.

In questo periodo è documentata l'attività a Lucca di due dei maggiori organari del tempo: il cortonese Onofrio Zefferini ed il veneziano Vincenzo Colonna che costruisce due organi per le chiese di S.Francesco (ancora conservato ma trasferito nel 1886 alla Pieve di Corsanico) e per S.Pietro in Cortina (distrutto insieme alla chiesa che si trovava sull'attuale piazza Napoleone).


I Ravani

È poi nei primi anni del Seicento che i lucchesi Andrea e Cosimo Ravani riportano a Lucca il centro dell'attività organaria toscana e si guadagnano una fama che li porterà a lavorare per tutte le maggiori basiliche della Toscana , in Emilia, a Roma e alla Cattedrale di Catania.

Nel 1609 Adriano Banchieri non manca di porre Andrea Ravani tra i maggiori organari viventi nella sue già citate "Conclusioni nel suono dell'Organo" e aggiunge che "ultimamente ha fabbricato uno Organo stupendo per S.Pontiano sua patria".

Immagine Organo di San Ponziano.Lucca, S.Ponziano, Andrea Ravani 1609

In questi anni si assiste ad una sempre maggiore diffusione della pratica policorale che ha come centro di irradiazione la scuola veneziana di Willaert e dei Gabrieli.

Questa pratica prevede l'impiego di due o più gruppi di musicisti e cantori dislocati su cantorie o luoghi distinti all'iterno dell'edificio e dialoganti tra di loro.

Ed è per la realizzazione di queste sontuose composizioni che molte chiese affrontano la costruzione di un secondo organo in posizione contrapposta al primo.

Nel 1610 Andrea e Cosimo Ravani pongono mano alla realizzazione di un organo per la Cattedrale di S.Martino di fronte al celebre organo di Domenico di Lorenzo.

Immagine Organo di San Martino.Lucca, S.Martino, Andrea e Cosimo Ravani 1610
 

In seguito costruiranno un "secondo organo" anche per la Basilica della SS.Annunziata a Firenze, per il Duomo di Siena e per la Chiesa dei Cavalieri a Pisa.

L'organo di S.Martino a Lucca è l'unico strumento Ravani di grandi dimensioni giunto pressochè intatto (completo di somiere e della quasi totalità delle canne) fino a noi, mentre tutti gli altri strumenti di proporzioni monumentali sono andati distrutti o hanno subito gravi manomissioni (Lucca S.Ponziano, Catania Cattedrale, Firenze SS.Annunziata, Siena Duomo, Pistoia S.Domenico, Pisa Carmine).

Anche questo splendido strumento si trova adesso smontato nei magazzini di S.Martino.

Canna dell'organo Ravani 1610 della Cattedrale di S.Martino. Canna dell'organo Ravani 1610 della Cattedrale di San Martino

Si conservano inoltre alcuni pregevolissimi strumenti di minori dimensioni nelle chiese di S.Iacopo a Borgo a Mozzano, S.Micheletto e S.Giulia a Lucca, S.Salvatore a Fucecchio (l'unico restaurato ed efficente), e al Museo degli Strumenti Musicali di Parigi.

Dall'opera dei Ravani in poi la scuola organaria lucchese sarà attiva con continuità fino alla metà del nostro secolo e manterrà una posizione di assoluto rilievo, in Toscana e fuori, almeno fino agli inizi dell'Ottocento.

Immagine Organo di Pontetetto.Pontetetto (Lucca), Anonimo (XVII sec.)

Non mi è possibile per ragioni di spazio seguire passo passo l'evolversi delle vicende organarie lucchesi descrivendo l'attività di ogni singolo costruttore, mi limiterò quindi ad alcune figure tra le più note avvertendo il lettore che molti tra gli organari qui omessi sono figure di tutto rispetto; l'esistenza di alcuni di questi organari, come Giovanni Paolo Micheli di Vorno, autore dello splendido organo di S.Andrea di Compito (1741), è stata scoperta solo recentemente.


Il Settecento

La prima metà del Settecento è dominata dalla figura di Domenico Francesco Cacioli (1671-1756) che costruisce e restaura strumenti in tutta la Toscana.

Per il restauro dell'organo di Onofrio Zefferini in S.Maria del Fiore a Firenze, "di qualità e di pregio inestimabile" il Cacioli viene preferito ai numerosi altri pretendenti stimati "incapaci di compiere perfettamente un simile impegno".

Domenico Cacioli collabora nel 1734-37 con Azzolino della Ciaja alla realizzazione del famoso organo della chiesa dei Cavalieri a Pisa, dotato di cinque tastiere (una per il salterio, probabilmente un clavicembalo) e di molti registri ad ancia, molto rari allora in Italia.

Alla scuola di questo importante costruttore si formano Antonio e Filippo Tronci che apriranno poi a Pistoia una bottega dalla quale, nell'arco di un secolo e mezzo di attività, usciranno organi per le chiese di tutta Italia.
Alcuni organi Tronci approdarono anche in India, in Egitto, in Francia ed in America del Sud.

Attorno al 1750 si trasferisce a Lucca l'organaro Michelangelo Crudeli (1728-1801) di Amelia di cui si conservano nella nostra Diocesi numerosi strumenti di altissimo pregio: Chiesa del Suffragio (1754), Collegiata di Camaiore (1768), Pieve di Controne (1774), Mastiano (1784), Mutigliano (1784), Pozzuolo (1786), Cerreto (1787), Stazzema (1790), Sesto (1790), S.Michele in Escheto (1794) S.Donato (1795) e Gioviano (1799).
Sono inoltre da attribuirsi con tutta probabilità a questo costruttore gli organi non firmati dell'oratorio degli Angeli Custodi di Lucca, di Boveglio (1777), Cappella (1788), Torre e S.Colombano.

Gli organi di Michelangelo Crudeli presentano spesso registri di concerto con caratteristiche piuttosto singolari, è il caso del flauto in terza (Cornetto secondo) dell'organo di S.Filippo, esteso a tutta la tastiera (dal Do2) oppure del Flauto dell'organo di Pozzuolo che vede uniti un flauto in duodecima su tutta la tastiera a un flauto in decimaquinta nella parte soprana (da do3).

Questo sperimentalismo nei riguardi dei registri di flauto non trova, negli strumenti Crudeli, un corrispettivo per quanto riguarda i registri ad ancia.
Questi ultimi infatti non sembrano aver fatto parte di alcuno strumento da lui costruito e quelli che oggi vi si trovano sono frutto di aggiunte ottocentesche.


L'Ottocento

I registri ad ancia vengono introdotti definitivamente a Lucca con il restauro dell'organo di Domenico di Lorenzo in Cattedrale operato dai celebri organari pistoiesi Luigi e Benedetto Tronci (1792) e con l'opera del domenicano pistoiese Tommaso Pagnini che costruisce nell'ultimo decennio del Settecento gli organi della Chiesa di S.Maria dei Servi (1791,con materiale seicentesco), di S.Romano (due tastiere) e di Meati.

Il lucchese Domenico Pucci, allievo di Pagnini, prosegue l'opera del suo maestro ricalcandone stilemi e modalità costruttive.
Domenico Pucci costruisce numerosissimi strumenti per le chiese della diocesi, ma l' agguerrita concorrenza delle famiglie pistoiesi Agati e Tronci e quella dei Paoli di Campi Bisenzio (il cui capostipite, Michelangelo, era stato allievo di Michelangelo Crudeli) gli precluderà notevolmente il mercato nel resto della Toscana.

Gli organi di Domenico Pucci si distinguono per una particolare cura e raffinatezza costruttiva e per una splendida fonica.
Domenico Pucci sembra partecipare dello spirito d'equilibrio del periodo Neoclassico e ospita nei suoi strumenti solo un limitato numero di registri di concerto (se confrontato con la proliferazione di ottavini, corni e cornetti negli organi pistoiesi del tempo), creando uno stile sobrio e luminoso a cui resta fedele per tutta la durata della sua fertile attività.

Il capolavoro di questo costruttore è l'organo da lui costruito per la chiesa di Lammari (1827) nel quale si può ravvisare in maniera particolarmente evidente, soprattutto nella concezione della spettacolare cassa, l'eredità di Tommaso Pagnini.

Immagine Organo di Lammari.Lammari (Lucca), Domenico Pucci 1827

Paolino Bertolucci, prima collaboratore nella veste di falegname e poi allievo del Pucci, inizia la sua attività indipendente contemporaneamente al declinare di quella del maestro.

L'opus 1 di questo organaro si trova tuttora conservata nella chiesa di Castelvecchio di Compito e si possono e presenta molti punti di contatto con l'opera del Pucci.

Paolino Bertolucci amplia il quadro fonico dei suoi strumenti di maggiori dimensioni con numerosi registri di concerto, tra questi figurano anche alcuni di propria invenzione come il Fagotto dalla particolare forma della tuba, allargata e poi richiusa alla base, presente nell'organo di Bozzano.

L'organo da lui costruito a S.Pancrazio nel 1861 possiede una cassa espressiva per tutto l'organo (tranne ovviamente le canne di facciata).

In questo periodo è attivo a Lucca anche un importante organaro viareggino: Odoardo Landucci.
Questo costruttore si distingue per una spiccata vena innovativa e una particolare attenzione verso le conquiste tecniche d'oltralpe.

Oltre alla costruzione di alcuni strumenti a due tastiere (Pietrasanta Duomo, Pisa S.Giovanni) è degna di nota la ricostruzione da lui eseguita del grande organo del Duomo di Orvieto a cui viene applicata, per la prima volta in Italia, la leva Barker.

Anche Odoardo Landucci costruisce registri che sono con ogni probabilità di propria invenzione come lo Zufolo Pastorale (registro tappato di 4'), ed introduce nell'organo di S.Michele in Foro, forse anche in questo caso per la prima volta in Italia, il registro del Flauto Armonico ottaviante, tipico della scuola organaria francese.

Nonostante queste e altre "citazioni" tratte dal repertorio degli organari parigini, la struttura generale e le tecniche costruttive degli organi Landucci restano comunque ancora saldamente legate a modelli italiani.


Il Novecento

La schiera degli organari lucchesi prosegue con Emanuele Tofanelli ( -1937), anch'egli viareggino e forse indirettamente allievo di Landucci.

Emanuele Tofanelli costruì numerosi strumenti di ottima qualità artigianale in un epoca caratterizzata ormai dalla standardizzazione e dall'uso sempre maggiore di materiale di fabbrica.

Il suo capolavoro è senza dubbio il monumentale organo a due tastiere di S.Lazzaro a Camaiore (1896), tuttora il più grande organo meccanico della Diocesi.
Emanuele Tofanelli costruì questo strumento ad un prezzo stracciato, per avere la possibilità di dare piena prova delle sue capacità e procurarsi ulteriori clienti che, se non mancarono, non ebbero mai le risorse necessarie per permettergli di costruire altri strumenti di queste proporzioni.

Attorno agli inizi di questo secolo ha inoltre inizio l'attività dei fratelli Turrini di Pieve Fosciana, indirettamente allievi degli Agati di Pistoia.
I Turrini costruirono numerosi strumenti soprattuto per le chiese dalla Garfagnana, ma anche a Viareggio, Lucca e Firenze.

Gli strumenti di maggiori dimensioni usciti dalla loro bottega sono andati distrutti (Firenze Ognissanti, Viareggio S.Antonio, Castelnuovo Garfagnana) o manomessi (Pieve Fosciana, recentemente elettrificato) ma si conservano tuttavia numerosi strumenti di minori dimensioni ma di ottima qualità in molte chiese della Diocesi.

Immagine Organo di Cardoso.Cardoso (Gallicano -Lucca), Fratelli Turrini 1923

Lo stile dei Turrini sembra oscillare tra un adeguamento ai dettami della Riforma Ceciliana, che si rivela però spesso di carattere epidermico (ne è un esempio l'uso di placchette a bilico per l'azionamento dei registri in strumenti a trasmissione meccanica), e un tradizionalismo costruttivo che giunge a riproporre negli anni cinquanta del nostro secolo un classicissimo "somiere a vento" (per l'organo di Diecimo), forse uno degli ultimi somieri a vento costruiti in Europa in ambiente ancora estraneo al nascente movimento di recupero delle antiche pratiche di costruzione, movimento nato in Germania attorno agli anni trenta di questo secolo con lo Orgelbewegung ma giunto in Italia solo negli anni sessanta.

Gli strumenti del mestiere della bottega dei Turrini furono donati dall'ultimo esponente della famiglia all'organaro Glauco Ghilardi che continua in Lucca con successo l'esercizio dell'arte organaria.

Lucca vanta così più di sei secoli di tradizione e quasi cinque di ininterrotta attività organaria, oltre ad un patrimonio di più di trecento organi antichi di inestimabile valore storico e musicologico che attendono ancora una adeguata opera di recupero e valorizzazione.